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"Convergent" e salviamo il Cuore

L’Unità di Cardiochirurgia della “Villa Verde” prima in Italia ad effettuare interventi combinati tra aritmologo e chirurgo L’utilizzo della tecnica convergent conferma la vocazione e la scelta di un approccio chirurgico mini invasivo del centro di CARDIOCHIRURGIA

Dottor Fanelli, circa un mese fa alla clinica “Villa Verde” sono stati eseguiti i primi due interventi in Italia di ablazione della fibrillazione atriale attraverso la tecnica convergent. Di cosa si tratta? «Si tratta di un intervento chirurgico le cui basi partono da un discorso di carattere prevalentemente aritmologico.

Riguarda pazienti con Fibrillazione atriale che non può essere trattata con successo attraverso un intervento di ablazione classica per via percutanea, perché associata a dilatazione atriale sinistra. La tecnica convergent è una tecnica ibrida, cioè chirurgica, mini invasiva, ed elettrofisiologica per via percutanea. Negli Stati Uniti questa tecnica è in uso da circa quattro anni ed è stata validata su un considerevole numero di pazienti con fibrillazione atriale. In Europa è stata introdotta circa due anni fa e in Italia è stata eseguita per la prima volta nel nostro centro. Dal punto di vista chirurgico prevede un piccolo taglio di circa 1 cm e mezzo al di sotto dello sterno. Attraverso questa via è possibile accedere alla parte posteriore del cuore “scivolando” lungo il pericardio e il diaframma e trattare alcune zone che sarebbe impossibile trattare diversamente, in quanto ciò comporterebbe il rischio di complicanze molto serie a causa di lesioni che potrebbero verificarsi sull'esofago, struttura che è a stretto contatto con la parete posteriore dell'atrio sinistro. Questo era un limite per le tecniche di tipo interventistico, come l’uso della sonda o l’approccio percutaneo. Con questa tecnica si arricchisce enormemente il bagaglio a disposizione dell’aritmologo, in questo caso coadiuvato dal chirurgo, per trattare patologie che diversamente sono non trattabili».

Dottor Rillo, perché questa tecnica è definita convergent?

«La tecnica non a caso si definisce convergent, in quanto si tratta di far convergere le energie di due figure diverse che sono quelle del chirurgo e dell’elettrofisiologo per trattare pazienti con fibrillazione atriale che, al di là di questa tecnica, possono giovarsi poco dell’approccio classico attraverso le vene che invece dà buoni risultati in pazienti con fibrillazione atriale non cronica, cioè parossistica. La tecnica del convergent prevede una prima fase chirurgica in cui si va a trattare una parte del cuore che noi tecnicamente non riusciamo a trattare perché non abbiamo la tecnologia sufficiente per farlo e perché non è un approccio sicuro in quanto si tratta di una zona del cuore a contatto con l’esofago e quindi si possono determinare dei problemi. Questo è un limite della procedura classica, ma non è un limite della chirurgia. Il limite della chirurgia era rappresentato in passato dai rischi operatori e post operatori dell'approccio classico per via sternotomica (come si fa ad esempio per un by pass ortocoronarico), ma con questa nuova tecnica mininvasiva i rischi si sono ridotti notevolmente, al punto che un paio di giorni dopo il paziente viene dimesso, per poi rientrare dopo un mese per la seconda fase in cui si interviene con un eventuale completamento e con il trattamento di altre zone del cuore che il chirurgo non riesce a trattare. I risultati riportati nella letteratura scientifica statunitense sono di successo nell’80%dei casi trattati con questa tecnica. Si tratta della stessa percentuale di successo che si raggiunge con i pazienti con fibrillazione atriale non cronica approcciati per via vascolare venosa».

Ci sono altri centri sul territorio dove è possibile sottoporsi a questo tipo di intervento?

«Attualmente nel nostro Paese i centri selezionati come riferimento per la tecnica convergent sono solo tre: il centro di cardiochirurgia della “Villa Verde”, che è stato il centro pilota, e due centri a Milano, che al momento non sono ancora operativi».

Qual è l'esito per i primi due casi in Italia trattati nel vostro centro con questa tecnica?

«A distanza di un mese dall'intervento di chirurgia abbiamo fatto la verifica per via venosa e completato il lavoro eseguito chirurgicamente e possiamo affermare che i pazienti stanno bene e senza fibrillazione atriale. I due interventi si completano a vicenda poiché il chirurgo ha il vantaggio di vedere e trattare il cuore macroscopicamente a differenza di quanto noi possiamo fare, ma noi vediamo i segnali elettrici che il chirurgo non vede.Le due cose messe insieme permettono di ottenere risultati che diversamente non è possibile raggiungere».

Avete in programma di trattare a breve altri pazienti con questa tecnica innovativa?

«A metà ottobre abbiamo trattato i primi due casi in Italia e a metà dicembre abbiamo già effettuato l'intervento su altri quattro pazienti».

Vitantonio Fanelli, 54 anni, è nato a Grottaglie. Diplomato al liceo classico Tito Livio di Martina Franca Laurea in Medicina a Bari, specializzato in chirurgia generale a Bari e poi in cardiochirurgia a Catanzaro. Responsabile dal luglio 2008 dell’unità operativa di cardiochirurgia della clinica “Villa Verde”. Come primo operatore ha eseguito 3500 interventi. Si avvale di uno staff medico che compreende il dottor Pompeo Maggio, cardiochirurgo primo aiuto e corresponsabile del progetto convergent, e il dottor Mariano Rill, responsabile per la parte aritmologica.

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